Mastri artigiani e profumeria. Il nuovo corso del packaging delle fragranze.

L’evoluzione nel packaging della profumeria di nicchia e poi anche di quella selettiva, vuole da una parte che si mantenga l’alta riproducibilità dei flaconi per economie di scala, dall’altra una sempre più importante caratterizzazione ed esclusività.

Se il racconto del profumo passa dalla concertazione di tutti i suoi elementi, sempre più ora inizia dal flacone. «Il design di un flacone nasce molto prima del suo contenuto. Serve a dare forma al DNA e alla storia della marca, nonché a esprimere l’universo creato attorno al nuovo prodotto, senza annientare i suoi predecessori» dice, in un’intervista per Stocksmetic, Thierry de Baschmakoff, direttore artistico.

Vero è che è principalmente l’industria a produrre le boccette delle fragranze dalle sagome particolari, riconoscibili e replicabili in quantità massive. Un tempo però la produzione era più che altro ricavata dalla lavorazione artigianale di mastri vetrai, tessutai e orefici.

Questo spirito è riemerso e detta un nuovo stile di intendere il packaging primario delle fragranze.

Così sempre più nascono collaborazioni fra case profumiere e maestri dove la partnership prende forma nella progettazione e realizzazione soprattutto, ma non solo, di un particolare dettaglio che compone la boccetta del profumo: il tappo o la capsula che lo ricopre.

La customizzazione quindi interviene sulla chiusura e la copertura accessoria, in tirature più contenute. Si aumenta così non solo il valore della fragranza, ma la percezione di pregio della stessa inducendo al “collecting”. Vere opere d’arte della sapienza artigiana sono i tappi di Sikelia, creati a mano da mastri ceramisti di Caltagirone e di Santo Stefano di Camastra che raffigurano l’emblematica “pigna” siciliana.

È la porcellana di Capodimonte invece la materia delle capsule dipinte a mano di Agatho Parfum. Così anche l’utilizzo di pietre dure, affidate alla maestria della bottega della famiglia Scarpelli dove mosaici, secondo la secolare lavorazione del “commesso fiorentino”, decorano i tappi de I Profumi del Marmo anch’essi ricavati da pietre tra cui il marmo bianco, portoro e travertino.

Ancora la pietra protagonista con Haec Dies del naso Filippo Sorcinelli, che con un monolite modellato e molato dall’eco biblico chiude il suo flacone.

Sempre con pietre semipreziose tagliate e levigate a mano si decorano anche i flaconi della collezione 17/17 Stone Label di Xerjoff.

E ancora le sculture che sormontano le fragranze firmate Ormaie intagliate nel legno di faggio e radica di olmo, lucidate a mano e provenienti da foreste francesi gestite in modo sostenibile.

E non si fa attendere la risposta anche da brand mainstream come Bulgari con la sua collezione in edizione limitata, Gemme di Murano. Caleidoscopio di colori dati dal vetro fuso e soffiato attraverso una particolare lavorazione detta “a sbruffi” che permette una stratificazione di materia che conferisce effetti e sfumature di rara bellezza.

Il lavoro artigianale diventa elemento imprescindibile per l’identità e valore del packaging e del brand. E così forte è la sua influenza che l’industria sta correndo sempre più per adeguarsi a queste esigenze di personalizzazione a cui fanno già eco i tappi-scultura con il levriero di Trussardi per la collezione prestige “Le vie di Milano”, le teste animalier delle creazioni Portraits di Penhaligon’s, fino alle boccette statuarie firmate Dalì Haute Parfumerie create dalla collaborazione con Bormioli.

Scritto da: Filippo Bellini – Giornalista.

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